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LE BEATITUDINI

“Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati” (Mt 5,4)

Le lacrime sono un’occasione, le si possono raccogliere o lasciar cadere a terra. Nel pianto c’è un trampolino: quando lasciamo che il Signore raccolga le nostre lacrime e a nostra volta raccogliamo quelle del prossimo, stiamo facendo un salto verso la felicità e quindi verso la santità.

Ci sono più tipi di lacrime. C’è un pianto che porta a chiuderci in noi stessi, con i nostri problemi. Ci lasciamo travolgere dai sensi di colpa o altre volte cerchiamo il colpevole in qualcun altro. È un pianto che porta all’autodistruzione, perché non si apre alla consolazione.

immaginiperiodico20181215eInvece c’è un pianto che segna la nostra apertura agli altri. Anche quando le lacrime si fanno pressanti, nelle situazioni di dolore, il pianto può diventare l’occasione per schiudere il nostro cuore. La lacrimazione segna l’abbassamento delle difese, è l’apertura all’altra persona che si fa presente per consolarci. Ed ecco che il pianto diventa una doppia apertura, infatti chi si lascia consolare, a sua volta sa piangere per gli altri.

Giuda è l’esemplare del primo pianto. Il suo dolore l’ha portato a non perdonarsi, una vera e propria auto-tortura. Pietro ha rinnegato Gesù, in qualche modo l’ha tradito, ma dopo il canto del gallo è uscito fuori a piangere. Al contrario di Giuda, Pietro si è aperto alla correzione del Signore.

Don Fabio Rosini in una sua catechesi ha sottolineato che il peccato non è da autopunire orgogliosamente. È più difficile farsi correggere e riconoscere il bisogno di essere ammaestrati che autopunirsi. Il dopo del peccato lo gestisce la Misericordia di Dio. Mai vivere da soli le nostre lacrime! C’è chi non piange mai. “Piangere è una cosa da deboli”, questo è il suo pensiero. Altri invece non riescono più a piangere perché a causa di tante esperienze il loro cuore si è indurito. Chiediamo a Gesù di ammorbidire i nostri cuori!

Se non piangiamo mai, chiediamo a Gesù il dono delle lacrime. Piangiamo per i nostri peccati e con cuore pentito torneremo alla sorgente della Misericordia.

immaginiperiodico20181215fPapa Francesco nell'esortazione sulla santità ci dice che “il mondano ignora, guarda dall’altra parte quando ci sono problemi di malattia o di dolore in famiglia o intorno a lui. Il mondo non vuole piangere: preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle, nasconderle”. In realtà solo chi piange “è capace di raggiungere la profondità della vita e di essere veramente felice”.

Non sono le consolazioni di questo mondo a poterci consolare, il loro effetto è illusorio. Gesù ci dà la sua consolazione, Gesù stesso ci manda lo Spirito Santo Consolatore da parte del Padre. Lasciamoci consolare!

Dio “ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio” (2Cor 1,4). La persona che si lascia consolare, sperimenta la compassione e cresce nella sensibilità, diventando a sua volta compassionevole.

Gesù sia la nostra scuola di vita per poter stare con chi è nel pianto. Non ci sono parole per consolare, c’è un atteggiamento: quello di Gesù. Prendiamo in mano il Vangelo e vi scopriremo questo atteggiamento. Papa Francesco ci chiama alla santità e ci dice che essa sta nel “saper piangere con gli altri”.

Allora? Pronti a saltare? Non lasciamo andar via le occasioni per la santità. Nel pianto, la consolazione di Dio è la nostra gioia.